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I Muppet - Recensione

02/02/2012 | Recensioni |
I Muppet - Recensione

“Siamo qui per cantare, ballare, divertire la gente per cercare, in qualche modo, di rendere il mondo leggermente migliore. Potrà sembrare un’idea strampalata, specialmente perchè proviene da una rana. Ma i Muppet hanno sempre cercato di ispirare il mondo con la loro stravaganza, per dimostrare che in questo mondo c’è spazio per tutti, anche per gli esseri più strani, e che c’è sempre qualcuno a cui state a cuore. E quando si trova il proprio posto nel mondo e si incontra chi ci ama, accadono cose meravigliose”. Firmato Kermit la Rana.
Se non è una minaccia poco ci manca.
A 13 anni di distanza dall’ultima apparizione nelle sale con “I Muppet venuti dallo spazio” tornano al cinema i pupazzi creati da Jim Henson, fenomeno di massa nel quinquennio che va dal ’76 all ’81 col Muppet Show, furono acquistati dalla Disney nel 2004 dopo anni di inesorabile declino e tanto oblio. Li rispolvera Jason Segel, che qui è sia attore che sceneggiatore, insieme a Nicholas Stoller, per una operazione che puzza lontano un miglio di buoni sentimenti e tanto bel marketing.
Il film è effettivamente tutto in quella dichiarazione di intenti un po’ zuccherosa citata più sopra.
Diciamo la verità, i Muppet ci hanno fatto ridere, ci hanno fatto stare insieme, hanno allietato le nostre giornate e di questo gliene siamo grati, però è successo tanto tempo fa ed oggi con questa loro rimpatriata che ricorda le cene di classe fatte ad anni di distanza, tutte nostalgia e vecchi episodi, ci ricordano che siamo cresciuti e questo proprio non dovremmo lasciarglielo passare. Per carità, loro il mazzo sul “palco” se lo fanno sempre, si agitano, straparlano, s’angosciano per una quisquiglia, ingigantiscono ogni sentimento muovendo come forsennati quelle tenere “braccine” (i piedi quelli no, li vedi solo raramente) ma quella loro comicità vecchio stile che altri bersagli non ha se non loro stessi, a te, che oggi non guardi più i cartoni la mattina, il pomeriggio non hai più i compiti per casa, al cinema vai a vedere i thriller e in Tv non ti perdi una puntata di C.S.I. e dei Simpson oggi ti strappa qualche sorriso, forse poche risate, ma niente di più  ed in fin dei conti non ti manca neanche un po’.
Concepito come un musical il film è la storia di Walter, fan accanito dei Muppet, che parte alla volta di Los Angeles a visitare i mitici Muppet Studios , convinto dal fratello Gary (Jason Segel) che lì avrebbe dovuto festeggiare l’anniversario di fidanzamento con Mary (Amy Adams) (chi d’altronde non inviterebbe il proprio fratellino in un occasione del genere?).  Nel corso della visita Walter scopre il piano diabolico del magnate Tex Richman (Chris Cooper) deciso a distruggere gli studios per estrarre petrolio; da qui parte la rincorsa a ritrovare i vecchi personaggi che sparsi per il mondo oggi si dedicano ai più disparati affari, e che solo insieme, ricostituendo il vecchio show, potranno raggranellare la cifra necessaria ad acquistare una volta per sempre i vecchi studios e farne finalmente un museo.
Tra buoni sentimenti che spesso scivolano nel nostalgico dolciastro e continue inquadrature a mezzo busto, tanto da aspettarsi da un momento all’altro che uno dei Muppet se ne esca coi titoli del telegiornale, il film costringe lo spettatore ad una continua sospensione della realtà, se poi aggiungi la malsana idea di tradurre le canzoni, che pure hanno il merito di non prendersi mai troppo sul serio, in italiano, scelta che ad alcuni provocherà l’insana voglia di strapparsi orecchie ed occhi (vedi il fuori sincrono ai limiti del ridicolo) allora il quadro sembrerebbe davvero completo se non fosse per la “doverosa” menzione all’interpretazione dei due attori in carne ed ossa.
Camei a parte, quelli sì divertenti e simpatico soprattutto il gioco nel riconoscerli, i rappresentanti della razza umana all’interno del film sono Jason Segel e Amy Adams e dal confronto coi pupazzi di pezza davvero non ne usciamo messi bene. Se la seconda prosegue un interpretazione che sembra la giusta continuazione a “Come d’Incanto”, prendendo le metaforiche sembianze di uno di quei pasticcini ricoperti di glassa, rigorosamente rosa, tanto dolci quanto letali, lui invece nelle vesti del romantico sognatore, impacciato e bamboccione è il degno rappresentante dell’idea che i nostri politici hanno dei giovani di oggi, cosa che provocherà in più d’uno la voglia tremenda di tenergli strette le guanciotte con un pizzico gridandogli di svegliarsi perché lì fuori è tutta una guerra.
In fin dei conti il film sconta proprio questo voler sparare nel mucchio per prendersi più spettatori possibili, i bambini di ieri, oggi troppo cresciuti, e i bambini di oggi, forse troppo smaliziati.

Daniele Finocchi

 


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